In un contesto di welfare sempre più dinamico e mutevole, gli attori pubblici e privati stanno ricercando nuove modalità comunicative e di interazione al fine di costruire un sistema integrato, capace di rendere sinergiche le risorse di attori differenti, tendenza presente nel nostro ordinamento fin dalla legge 328/2000.
Uno degli strumenti a tal fine più rilevanti è sicuramente la coprogettazione.
Si tratta di una modalità di azione grazie alla quale soggetti pubblici e del Terzo settore, accomunati da uno stesso obiettivo, hanno la possibilità di condividere idee, risorse, professionalità, riconoscendo reciprocamente il sapere specifico di cui ciascun partecipante al tavolo è portatore.
Uno degli aspetti più interessanti della coprogettazione è senza dubbio il modificarsi del tradizionale rapporto di committenza in cui il pubblico “decide” e il privato “esegue” in favore di processi decisionali maggiormente cooperativi e improntati ad una logica di governance.
Un’altra questione rilevante nelle esperienze di coprogettazione è sicuramente, quella del cofinanziamento. Si tratta di un elemento che, se correttamente inteso – come impegno comune nella ricerca e nell’utilizzo delle risorse – può contribuire a responsabilizzare tutti i partecipanti verso la realizzazione del progetto, ma che può concretizzarsi in modalità penalizzanti per il Terzo settore.
La penalizzazione è dovuta, in primis, all’opinione, ancora troppo diffusa, che il Terzo settore debba costare poco e che tutte le risorse a disposizione debbano essere investite nelle attività a diretto contatto con l’utenza nei progetti a cui partecipa e ignorando i costi di organizzazione che consentono di operare.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)