Secondo il rapporto annuale 2020 dell’Istat, nel marzo 2020 e, in particolare, nelle aree ad alta diffusione dell'epidemia, oltre a un generalizzato aumento della mortalità totale, si sono osservati maggiori incrementi dei tassi di mortalità; con termini tanto di variazione assoluta quanto relativa, nelle fasce di popolazione più svantaggiate, quelle che già sperimentavano, anche prima della epidemia, i livelli di mortalità più elevati.
Uno scarso livello di istruzione, povertà, disoccupazione e lavori precari influiscono negativamente sulla salute e sono correlati al rischio di insorgenza di molte malattie (ad esempio quelle cardiovascolari, il diabete, le malattie croniche delle basse vie respiratorie e alcuni tumori), che potrebbero aumentare il rischio di contrarre il covid e il relativo rischio di morte".
L'epidemia ha dunque acuito le diseguaglianze preesistenti.
A questo proposito, merita particolare attenzione il caso delle donne di 35-64 anni meno istruite, presso le quali si osserva un aumento del 28 per cento del 'RM' rispetto alle altre", ossia del rapporto standardizzato di mortalità che misura l'eccesso di morte dei meno istruiti rispetto ai più istruiti.
Condizioni socioeconomiche svantaggiate espongono le persone ad una maggiore probabilità di vivere in alloggi piccoli o sovraffollati, riducendo il distanziamento sociale. Inoltre, alcune occupazioni più di altre espongono al rischio di contagio. Tra queste, le professioni sanitarie, ma anche i lavori in agricoltura, nel trasporto pubblico, i servizi di pulizia, di assistenza e cura degli anziani.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)