Ogni 24 mesi, tra i 50 e i 69 anni, uomini e donne dovrebbero effettuare la ricerca del sangue occulto nelle feci.
Nel caso del tumore del colon-retto, anche se non è sufficiente per giungere a una corretta diagnosi, è consigliabile farla. Si tratta di un’indagine alla portata di tutti, gratuita (a carico del servizio sanitario nazionale), che si effettua a casa e in pochi minuti restituisce (o meno) un indizio della possibile presenza di un polipo intestinale.
O, nei casi più gravi, di quello che è un tumore del colon-retto a tutti gli effetti. Step successivo, a fronte di un esame positivo, è la colonscopia, da cui inizia il (vero e proprio) percorso diagnostico. E siccome più la scoperta di una malattia oncologica è tempestiva, maggiori sono le chance di superarla, si capisce perché ritardando la ricerca del sangue occulto nelle feci, chi è già ammalato (e non lo sa) corre il rischio di avere probabilità ridotte di guarire da quello che nel 2020 si confermerà il secondo tumore più diffuso in Italia, dopo quello al seno.
Considerando che l'adesione allo screening per il tumore del colon-retto partiva già indietro rispetto a quelli per la diagnosi precoce del tumore al seno (mammografia) e alla cervice uterina (Hpv test), si capisce perché la preoccupazione per quello che potrebbe essere l'impatto della pandemia di Covid-19 è a livelli di guardia. Dopo la prima ondata, durante la quale sono saltati oltre 1.4 milioni di esami diagnostici, gli esperti avevano stimato in circa 600 le mancate diagnosi di tumore del colon-retto. Poi, proprio mentre la ripresa iniziava a marciare a ritmi più sostenuti, è arrivata la seconda che sta determinando lo stop delle attività non urgenti. «Non possiamo permetterci un altro stop come quello della scorsa primavera», avverte Renato Cannizzaro, direttore della struttura di gastroenterologia oncologica sperimentale del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano. «La diagnosi precoce del cancro del colon è cruciale. Diversamente, si andrà incontro a un aumento delle vittime provocate da questa malattia. Ecco perché è necessario mantenere attivi i programmi di screening, anche in questa fase della pandemia».
(Sintesi redatta da: Righi Enos)