Durante e dopo il lockdown è diminuito il ricorso a terapie per patologie croniche, per la prevenzione di eventi cardiovascolari, fratture ossee o per controllare la progressione dell’artrite reumatoide.
Una situazione che penalizza soprattutto i pazienti più fragili.
Con l’emergenza Covid-19 la modalità di distribuzione diretta ospedaliera è diventata fonte di numerose problematiche, limitando di fatto l’accesso alle terapie.
Nonostante le iniziative del Governo che, tra l’altro, ha istituito la distribuzione ‘per conto’ da parte di farmacie convenzionate (Legge n° 40 del 5 Giugno 2020), a livello del singolo territorio, non sono seguite attività concertate e uniformi.
“La conseguenza – afferma Emanuela Folco, presidente della Fondazione Italiana per il Cuore– è che ancora una volta la terapia per evitare gli eventi cardiovascolari anche in soggetti ad alto rischio passa in secondo piano. Continuiamo a rimuovere l’evidenza, suffragata scientificamente, che gli eventi cardiovascolari sono la prima causa di morte. E questa causa va affrontata con programmi di prevenzione primaria e secondaria e con l’accesso a tutte le terapie disponibili, a prescindere se siano distribuite in farmacia o in ospedale”.
La presidente dell’Associazione nazionale malati reumatici Silvia Tonolo ha commentato: “Abbiamo percorsi diagnostici e terapeutici, abbiamo linee guida. Purtroppo, si continua a ragionare senza vedere i costi indiretti della malattia. Bisogna considerare che i pazienti reumatologici sono pazienti cronici e fragili e che lo sono anche quando c’è una remissione di patologia”.
Maria Luisa Brandi, Presidente della Fondazione Italiana Ricerca Malattie dell’Osso, spiega come l’osteoporosi rappresenta il paradigma perfetto della patologia cronica silente: “Senza sintomi per anni, quanto avviene una frattura l’impatto clinico è molto significativo anche sulla qualità di vita di una paziente, basti pensare a una frattura del femore. Non solo. Ha anche un impatto economico considerevole, stimabile in circa 6.500 nell’anno successivo alla frattura. Per questo le cure non possono essere interrotte o ridotto il numero delle prescrizioni in funzione di un numero di nuovi pazienti costanti nel tempo, se non in aumento per l’invecchiamento della popolazione”.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)