Sempre più spesso, in Europa più che in Italia, i robot sono introdotti e diffusi anche nel campo dell'assistenza. Ora, potrebbero prendere sempre più piede e diventare i nuovi “caregiver” dei nostri genitori o dei nostri nonni.
E' il tema che affronterà Pierpaolo Donati, sociologo e filosofo, durante il convegno internazionale Erickson che si svolge a Trento il 2 e 3 ottobre, dedicato al tema “Anziani. Dignità, relazioni, cure”.
“Io penso che vada presa in modo critico la sostituzione delle persone con i robot –spiega. Molti si chiedono se i robot possano sostituire le persone e addirittura diventare i nuovi amici dell'anziano, perché i robot sono effettivamente molto utili per loro: li aiutano a compiere movimenti, interagiscono con gli anziani con demenza, ricordano l'uso dei farmaci, possono leggere il giornale. Non danno, però, senso alle cose che dicono e in particolare non mostrano alcuna empatia nella relazione”.
Secondo Donati, con questa mancanza di empatia, “il robot pone un problema di identità all'anziano, che di fronte a questa macchia si chiede: 'chi sono e con chi sto parlando?
Ecco i principali punti di forza, secondo Donati: “Il robot ha un comportamento automatico, può essere programmato senza che l'anziano debba modificare nulla; agisce con grande autonomia, non richiede istruzioni; è potente, rapido, può superare l'errore umano, non ha bisogno di uno stipendio né di cibo. Offre una maggiore scelta di assistenza, perché sa fare tante cose”.
Poi però ci sono i punti deboli, tra cui “l'incapacità di provare ed esprimere emozioni autentiche e di dare risposte empatiche. Anche nella manipolazione fisica, non ha calore; poi ha una durata della batteria limitata, non è reattivo e adattivo come il cervello umano, ma è efficace solo per il lavoro che è preparato a fare”.
C'è poi un rischio concreto, secondo Donati: che “l'anziano, specialmente se con demenza, possa confondere la relazione con il robot con relazioni antropomorfe, che lo scambi per un amico, un compagno. Questo minaccia la dignità dell'anziano, la quale si preserva solo nelle relazioni umane.
Al robot bisogna sostituire piuttosto la robotica sociale integrativa, modellata per dare all'anziano l’opportunità di relazioni con le persone e in cui la macchina media le relazioni tra l'anziano e i suoi familiari e amici, senza però sostituirsi a questi. Una nuova cultura delle relazioni, che non passi per gli abbracci e il contatto fisico.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)