L’Università di Milano-Bicocca ha recentemente pubblicato su European Journal of Preventive Cardiology, uno studio sul confronto tra il numero degli attacchi di cuore e quello dei decessi. Gli autori hanno utilizzato i dati del periodo 1990-2017 provenienti dal database del Global Burden of Disease, il registro internazionale, finanziato dalla Fondazione Bill e Melinda Gates, che analizza l'incidenza, la prevalenza ed gli anni vissuti con disabilità per 354 patologie in 195 Paesi tra cui l'Italia. Si sono soffermati in particolare sull'evoluzione delle malattie cardiovascolari nell'arco di questi 27 anni da noi valutando anche i differenti fattori di rischio alla base di ogni malattia. Tutto questo, accadeva però prima della pandemia: in quest'ultimo anno e mezzo, infatti, è stata registrata una diminuzione del 55% degli interventi e sul fronte della diagnostica si è rilevata una riduzione del 75% circa degli ecocardiogrammi trans esofagei e degli esami per cardiopatia ischemica.
Importante notare che il calo della mortalità è accompagnato ad una riduzione (-55,5%) del periodo di disabilità dovuto a malattie cardiache. Non solo quindi si sopravvive, ma si riesce anche a godere di una quotidianità tranquilla e senza ricadute. A patto, ovviamente, di seguire le indicazioni dello specialista. Tuttavia, a fronte di una riduzione di mortalità si è avuto un aumento, sempre nei 27 anni, di oltre un milione e mezzo dei cardiopatici (da 5,75 del 1990 a 7,49 milioni del 2017). Sono in aumento, per esempio, le malattie vascolari periferiche, cioè le alterazioni dei vasi delle gambe in particolare, legate ad un incremento dell'obesità e del diabete.
Ancora poca attenzione viene prestata, nel nostro Paese, al controllo della pressione, che pure aumenta con l'età e rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio cardiovascolare. In Italia, infatti, il controllo pressorio della popolazione è ben lungi dall'essere ottimale, visto che circa il 40% degli ipertesi non ha livelli pressori adeguati. L'attenzione per il cibo (sovrappeso e obesità) è ancora scarsa, soprattutto in giovane età. Perchè dunque si può parlare di ridotta mortalità? Sicuramente negli ultimi anni c'è stata una maggiore attenzione alla prevenzione, specie quella primaria (nei soggetti sostanzialmente senza malattie cardiache).
In particolare una corretta alimentazione con riduzione dei grassi animali e aumento dei vegetali ha dato i suoi frutti. Accanto a questo va registrata anche la maggiore disponibilità, in buona parte del Paese, di strategie terapeutiche importanti quali ad esempio l'angioplastica nell'infarto miocardico acuto e in aggiunta l'introduzione di farmaci più specifici e più efficaci. In calo poi le patologie cardiache legate alla sigaretta: in Italia, infatti, sono diminuiti i fumatori, soprattutto gli uomini, fino a poco più di un decennio fa i più colpiti al sistema cardiocircolatorio.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)