Le cure palliative sono «un diritto umano inalienabile» (Oms). L’espressione indica l’insieme degli interventi (terapeutici e assistenziali), finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base (con il dolore che comporta) è di fatto inarrestabile e caratterizzata da una prognosi infausta, quindi non risponde più a trattamenti specifici.
Il ricorso, quindi, non riguarda solo i malati oncologici e gli anziani, ma aumentando la popolazione anziana, è presumibile che possa aumentare, considerando anche i cambiamenti sociali, con sempre meno reti familiari e maggiori nuclei monofamiliari. Come chiarisce l’Istat, in termini di bisogno è possibile definire il ranking delle prime dieci regioni per bisogni di cure palliative nella popolazione adulta.
La prima regione, secondo l’elaborazione di Cergas su dati 2017, è la Lombardia, la più popolosa a livello nazionale. A seguire si trovano Lazio, Campania, Sicilia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Puglia e Liguria. Sempre le stime ufficiali indicano che nel 2017 il numero di Hospice era di 240 strutture (erano 231 nel 2014) mentre il numero dei posti letto risultava di 2.777.
Nello stesso anno (e in attesa di dati più recenti) erano state 42.572 le persone ricoverate in Hospice (+ 12,53% rispetto al 2014). Le cure palliative sono importanti perché sono un diritto del cittadino e un Livello Essenziale di Assistenza (Legge 38 del 2010) e hanno lo scopo di migliorare la qualità di vita dei malati e delle loro famiglie che attraversano momenti estremamente difficili della loro vita, accompagnandoli.
Forniscono inoltre sostegno alla famiglia e ai caregivers, se necessario, anche nella fase del lutto. Comprendono prevenzione, identificazione precoce, valutazione completa e gestione di problemi fisici, disagio psicologico, disagio spirituale e bisogni sociali. Anche per questo possono influenzare positivamente il decorso della malattia.
Sono applicabili, infine, a tutti i luoghi di cura (casa, ospedale, strutture protette, Hospice). Oltre ai medici con una specializzazione in una disciplina equipollente (ematologia, oncologia, medicina interna, neurologia, geriatria, radioterapia, malattie infettive, pediatria, anestesia, medicina di comunità e delle cure primarie) e a coloro che hanno maturato un’esperienza triennale nelle reti di cure palliative certificata dalla regione di appartenenza, da poco è stata istituita la specializzazione in Medicina e Cure Palliative.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)