Il pensionato modello nella storia dell’umanità è senza dubbio Lucio Quinzio Cincinnato, vissuto due millenni e mezzo fa. Secondo Tito Livio fu console e due volte dittatore di Roma. Dittatore chiamato dal popolo a dipanare matasse politiche e militari che nessun altro era in grado di sbrogliare. Esaurito il suo incarico la prima volta, Cincinnato si ritirò, ma la sua fu una pensione fisicamente e mentalmente attiva: tornò a coltivare le sue terre alle pendici del Gianicolo, i Prata Quinctia. Ormai ottuagenario, nel 439 a.C. una delegazione di senatori bussò alla sua porta per chiedergli di tornare in servizio. Lui indossò la toga, attraversò il Tevere e si rimboccò le maniche. Saggezza ed esperienza, ponendolo al di sopra delle meschine ripicche, gli consentirono di servire, anche in tarda età, l’Urbe e la collettività.
Un esempio meno edificante è quello, letterario ma ispirato alla situazione politica francese della Quarta Repubblica, de Il presidente, il romanzo di Georges Simenon pubblicato nel 1958. In quel caso il pensionato, ex presidente del Consiglio, vive male la sua «ritirata» non volendo ammettere che il mondo possa andare avanti senza di lui. Per anni ha immaginato di poter determinare il destino di un suo vecchio collaboratore corrotto con un documento che lo comprometteva. Ma non accadrà: le regole del cinismo e del ricatto della politica che lui stesso aveva condiviso vengono applicate anche a lui, soprattutto da pensionato.
Venendo invece al sistema pensionistico come noi lo conosciamo oggi, vale la pena ricordare che il primo, nella storia dell’umanità, a percepire una pensione, secondo Plutarco, fu un invalido di guerra a cui Solone concesse un «assegno» di Stato (590 a.C.). Duemilacinquecento anni dopo, in Germania, il cancelliere Otto von Bismark varava il primo sistema pensionistico generale.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)