In Italia gli ipermercati e i centri commerciali si diffondono incontrastati quando in altri Paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, sono in chiaro decremento. Si è cercato di far credere che i nuovi templi del consumismo avrebbero costituito delle nuove centralità proprio per le periferie urbane dove erano stati collocati per la necessità di avere grandi spazi ed infrastrutture adeguate come le periferiche o i raccordi anulari, dovendo necessariamente accogliere una clientela fornita di auto. Di fatto in una realtà nella quale c’è sempre meno spazio per la progettazione urbanistica, i centri commerciali sono il frutto di interventi urbani ciclopici, con adeguati capitali trasnazionali investiti, che stravolgono e condizionano ampie parti non solo del territorio metropolitano, ma anche i territori extra-urbani nei quali vengono fatti sorgere.
Il mercato è diventato il sovrano assoluto nel definire l’assetto del territorio, determinando un consumo di suolo abnorme. Ogni tentativo di pianificazione viene scongiurato come un attentato alla libertà assoluta di intervento, come ostacolo alla “modernità”. Queste gigantesche città del consumo, della fantasmagoria delle merci vorrebbero essere indicate come il simbolo del trionfo della crescita economica illimitata, dell’incremento del commercio globalizzato che avrebbe dovuto portare sempre più benessere a tutti gli abitanti del pianeta. Eppure l’80% delle risorse continuano ad essere appannaggio di soltanto il 20% della popolazione mondiale. (…)
La vecchia bottega evocata nei vissuti di quanti vi hanno trascorso decenni di vita produttiva e relazionale non può essere considerata solo un esercizio per costruire la memoria del recente passato.
Tutti i movimenti che oggi a livello trasnazionale cercano di impegnarsi per un processo di crescita sostenibile, tra i loro obiettivi primario hanno il contrasto al processo di annientamento delle produzioni locali. Se le produzioni locali, come si auspica, si rivitalizzeranno anche nei Paesi del Nord del mondo, possiamo immaginare che ci sarà bisogno di nuove botteghe proprio simili a quelle sobrie di un tempo. (Fonte: www.50epiu.it)