Molte malattie neurodegenerative tendono a manifestarsi in età avanzata. Una ricerca su «Nature Medicine», ha identificato le alterazioni genetiche alla base del cattivo funzionamento della proteina tau, la proteina che mantiene in salute i neuroni e che, alterata, avvia il processo di declino cognitivo, ma non ha chiarito perché la degenerazione si manifesti in età avanzata. Un team di ricercatori dell’Università di Harvard sta cercando la risposta fornendo la prima descrizione biologica del legame tra l’età e la Sla e la demenza frontotemporale. Spesso questi disturbi sono assieme e circa il 10% dei pazienti portatori di entrambi hanno una mutazione genetica per la proteina Tbk1, la quale si occupa di riparare i componenti danneggiati dei motoneuroni. Un ruolo essenziale nelle due malattie è svolto anche dalla proteina Tak1, la cui concentrazione tende a diminuire con l’avanzare dell’età. Si è dimostrato così che le proteine sono come i freni di una bicicletta: entrambi cercano di arrestare la degenerazione e, quando uno dei freni non funziona, a causa di una mutazione genetica, l’altro compensa la sua mancanza. Ma l’attività del «freno di riserva» tende a venire meno con l’età, e quindi queste malattie si manifestano soprattutto in vecchiaia. I ricercatori di Harvard stanno sperimentando degli inibitori di un’ulteriore proteina, Ripk1, indicata come principale responsabile dei processi degenerativi, e si avranno i risultati fra un paio di anni. Intanto si attuano altre sperimentazioni per la cura delle malattie degenerative: esempio con la sperimentazione di interventi mirati di tipo fisico, psicologico e cognitivo negli anziani che mostrano i primi segni di «fragilità» fisica o mentale nel progetto «My-Aha» finanziato dall’Ue. Qui sono riuniti 16 gruppi di ricerca e imprese da Europa, Asia e Australia e si avvierà a fine 2019, uno studio clinico su 600 anziani «fragili», di cui la metà serviranno da controllo e gli altri saranno sottoposti a un check-up continuo dello stile di vita attraverso dispositivi tecnologici. La UE crede molto nel progetto «My-Aha», anche alla luce dei risultati dello studio finlandese «Finger» sulla disabilità cognitiva, che ha dimostrato che, intervenendo su più fattori (alimentazione, attività fisica e stimoli sociali è possibile migliorare le funzioni cognitive degli anziani a rischio di demenza.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)