Le priorità di residenze sanitarie assistenziali e case di riposo diventa quella di sedersi ai tavoli che contano. Da quello della riforma dell’assistenza agli anziani, che contrappone assistenza domiciliare a Rsa, alla riforma del Terzo settore: in assenza dei decreti applicativi, molte realtà non sanno se convenga trasformarsi in enti del Terzo settore o aziende sociali; su chi ha una Onlus, poi, incombe il rischio della cancellazione di molti benefici fiscali. Infine, il Pnrr, che cita le Rsa una sola volta e impegna solo 400 milioni di euro. Giova ricordare che le Rsa 'pesano' per 285mila posti letto, oltre i 40mila delle residenze sanitarie per disabili, contro i 215mila posti letto di tipo assistenziale dell’ospedalità pubblica e privata profit, cui si aggiungono 30mila posti per la riabilitazione.
Le Rsa sono per il 17% pubbliche, per il 25% private profit e per il restante 58% appartengono a enti no profit, il 40% dei quali, con circa 100mila posti letto, sono rappresentanti dall’Uneba. La Rsa è solo una delle forme di presa in carico dell’ospite ma è quella che assicura un’assistenza a 360 gradi e h24, mentre l’assistenza domiciliare di un anziano non autosufficiente si limita in genere alle cure infermieristiche per 18 ore all’anno. Alcune, come La Sacra Famiglia di Milano, erogano anche servizi di assistenza domiciliare ma è un tipo di assistenza che può funzionare solo con una rete familiare che si fa carico di tutto ciò che l’operatore non fa. L’assistenza domiciliare integrata copre prevalentemente il bisogno sanitario ed è meno costosa per lo Stato perchè si eroga un servizio più limitato: la puntura, ma non il trasporto in ospedale, il catetere ma non il vitto, la cura delle piaghe ma non l’animazione durante le lunghe giornate di convalescenza. Il format cui tendono queste istituzioni è il ' continuum assistenziale' che permette un’assistenza sociasanitaria a misura di bisogno.
I circa 1.500 ospiti dell’Opera Diocesana di Assistenza di Catania sono tutti disabili, spesso con invalidità che supera il 75%. «Lavoriamo perché l’ospite stia bene e la sua famiglia sia sollevata – spiega il direttore amministrativo della fondazione, Santo Nicosia –, strutturando il servizio come un day hospital con presa in carico presso le abitazioni e impegnando gli ospiti, quando non devono seguire le terapie, con laboratori che ne riprendano le abilità». Logopedisti, fisioterapisti, medici, infermieri, operatori sociosanitari: sono 410 i dipendenti, distribuiti su 4 centri di riabilitazione. L’utenza è individuata dall’Asp. Un convitto ospita 98 ospiti in condizioni gravi e gravissime. Dalla pandemia in poi è diventato difficile trovare professionisti perché i bandi dell’ospedalità pubblica hanno dissanguato il sistema. Il contratto Aris infatti è meno competitivo di quello statale.
La fondazione Santa Clelia Barbieri, nel Bolognese, ha due profili giuridici. Alcune attività rientrano tra quelle della onlus, altre tra quelle dell’ente ecclesiastico. «Da tempo gestiamo sia Rsa che case di riposo – spiega il direttore generale Fabio Cavicchi – che oggi hanno 250 utenti e 160 dipendenti. Una delle quattro strutture è una Onlus, le altre enti ecclesiastici. Se devo riammodernare la Onlus, che ha anche altre agevolazioni, posso detrarre il 110% dell’investimento, negli altri casi, pur fornendo lo stesso identico servizio, no». Da questa fondazione dipendono due Rsa gemelle, che però sono soggette a una tassazionediversa, con un’ovvia incidenza sui bilanci. Come altre realtà Uneba, anche questa fondazione patisce per la mancanza di personale specializzato. La fondazione Opera Immacolata Concezione onlus di Padova non è una piccola casa di riposo: 13 Rsa in Veneto, 1.700 dipendenti, 2.400 ospiti, più qualche asilo, nido compreso, centri diurni, assistenza domiciliare, due hospice, un reparto per stati di minima coscienza (24 posti letto), attività spirtive per disabili. E il più grande ospedale di comunità. In questo momento la priorità per la Struttura è la formazione degli Oss. Il cambiamento della domanda, che riflette un cambiamento sociale, impone una crescita dell’operatore sociosanitario e delle altre figure, come della diagnostica di prossimità e della telemedicina.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)