Alimentazione sana e attività fisica, insieme alla cura di eventuali comorbidità come ipertensione, diabete, tabagismo e obesità, possono contribuire a prevenire il declino cognitivo. A ricordarlo è Gioacchino Tedeschi presidente, della Società Italiana di Neurologia e direttore della I Clinica neurologica e neuro-fisiopatologica dell'Azienda ospedaliera universitaria della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli, in un'intervista pubblicata da Punto Effe.
Uno studio che ha esaminato i fattori di rischio modificabili in 900 individui sani di età superiore a 50 anni, osservati per 12 anni, ha messo in evidenza come «le malattie coronariche, l'inattività fisica e condizioni quali disfunzione renale, diabete, iperlipidemia, fumo, obesità, ipertensione e depressione, che facilitano la compromissione vascolare del sistema nervoso centrale, possano contribuire all'insorgenza delle demenze, nella misura di un terzo dei casi. E che riducendo questi fattori dal 10% al 25% sarebbe possibile evitare, nel mondo, tre milioni di casi di malattia di Alzheimer», spiega Tedeschi.
Dal punto di vista alimentare la prevenzione è sinonimo di dieta mediterranea, con verdura, frutta, legumi, acidi grassi polinsaturi e un basso apporto di grassi saturi. Ma la migliore prevenzione per la demenza è quella di far funzionare ed educare il cervello a ragionare in ogni modo possibile, attraverso la realizzazione di un sistema di educazione e di acculturamento di tutta la popolazione, che porti a rafforzare la riserva cognitiva.
«Il cervello dovrebbe essere sempre mantenuto in attività, come accade anche grazie a lavori o attività ludiche stimolanti. La riserva cognitiva può essere aumentata anche nelle fasi avanzate della vita; alcuni studi hanno dimostrato che le persone anziane che vengono istruite, per esempio, ad utilizzare il computer o a suonare uno strumento, aumentano le proprie capacità cognitive. Le demenze sono la parte terminale di un processo patologico che ha inizio molti anni prima; è quindi fondamentale l'impegno delle comunità medica e laica, per mantenere le persone anziane impegnate dal punto di vista socio-relazionale, al fine di agevolare la preservazione delle funzioni cognitive per il tempo più lungo possibile», conclude Tedeschi.
(Fonte: tratto dall'articolo)