Dei medici, componenti il Comitato direttivo dell’Associazione italiana di psicogeriatria, rispondono all’articolo Anziani in prigione. Uscire perchè. L’associazione, in collaborazione con il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (Dap) del Ministero della Giustizia, si occupa da tempo del problema. In Italia mancano dati sufficienti a descrivere la problematica, soprattutto nei suoi aspetti sanitari, E’ umanamente comprensibile la preoccupazione e la paura di queste persone al momento della scarcerazione temono la solitudine e l’isolamento. Per questo sono di vitale importanza sia le associazioni di volontariato e di accoglienza, ma anche l‘attivazione di una rete di servizi sociosanitari diffusa ed attiva, Per questo diventano fondamentali le strutture tipo alloggi protetti, comunità alloggio e le forme di co-housing, rispetto alle tradizionali strutture residenziali (Rsa) e certamente non si può ricorrere alle cosiddette “Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza” (Rems). In quest’ultime infatti l’anziano si trova a vivere con persone di ogni età che hanno commesso un reato anche grave, ma sono stati giudicati non imputabili per la presenza di un disturbo psichiatrico. Bisogna quindi investire su nuove forme di socialità ed accoglienza che coniughino esigenze di cura e di tutela con il rispetto dei diritti di cittadinanza, anche con programmi di impegno/ inclusione sociale e di volontariato.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)