Secondo uno studio dell'Istituto Neuromed di Pozzilli, in Molise, pubblicato sulla rivista British Journal of Nutrition, la dieta mediterranea riduce del 25% il rischio di mortalità nelle fasce più anziane della popolazione. «Da una ricerca che stiamo effettuando a partire dal 2005 in Molise su circa venticinquemila persone - spiega il presidente di Neuromed, Giovanni de Gaetano - abbiamo osservato che aderire alla dieta mediterranea riduce il rischio di mortalità in tutta la popolazione. In particolare, abbiamo studiato 5 mila over 65enni e abbiamo rilevato non solo una riduzione importante del rischio di mortalità per malattie cardiovascolari o per i tumori, ma anche per patologie meno frequenti, come per esempio quelle polmonari, oppure persino le allergie».
Una posizione condivisa anche da Silvio Garattini dell’Istituto Mario Negri, che nel suo libro “Invecchiare bene” ribadisce che sulla tavola non devono mancare verdure e frutta, pesce, legumi, olio di oliva e cereali, poca carne e latticini, e persino il vino. Quest’ultimo, infatti, se bevuto con moderazione, durante i pasti, fornisce un tipo di polifenoli, le antocianine, molto efficaci nel prevenire le malattie croniche degenerative.
Uno dei pericoli per la nostra salute, secondo i ricercatori, è però la globalizzazione. Da diversi anni si sta introducendo l'abitudine di acquistare i cosiddetti cibi ultra processati, trattati industrialmente. Se i prodotti della dieta mediterranea avessero per esempio un'Iva ridotta anche le persone meno abbienti potrebbero nutrirsi bene. Il servizio sanitario nazionale spende il 95-96 % delle risorse per diagnosi, interventi e farmaci, e solo il 4-5 % per la prevenzione. Bisogna invertire la rotta.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)