Il diritto all’inclusione sancito dall’art. 19 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (2006), si concretizza sostanzialmente in due direzioni: la pari opportunità di partecipazione alla vita sociale e la libertà di scelta nelle decisioni della propria vita. Questo secondo punto interroga gli operatori sociali. Diverse ricerche mostrano come le scelte siano ridotte dalla natura ‘assistenziale’ dei servizi offerti e da un certo ‘paternalismo’, diffuso nella società e nell’ambito operativo stesso. Dal punto di vista della politica sociale si è scelta spesso la via della personalizzazione, che dovrebbe permettere ai recettori dei servizi la capacità di scegliere e controllare le prestazioni di cura.
La personalizzazione si è tradotta in diversi sistemi di welfare nella previsione di trasferimenti monetari alle persone, diretti interessati e famiglie, per aumentare il loro potere di acquisto nelle cure, seppure spesso accompagnati da modalità di controllo della spesa. Un atteggiamento di tipo neoliberista, che rischia però di entrare in contraddizione con il significato di co-costruzione degli interventi. Il rischio è che in questa logica gli operatori sociali siano percepiti come figure oppressive o superflue, mentre – dal canto loro - non sempre le persone disabili o i loro familiari sono in grado di poter effettivamente compiere la scelta più giusta.
Possiamo dunque chiederci quale sia il corretto margine di azione degli operatori in un’ottica di processi più partecipativi nei percorsi d’aiuto, che coinvolgano direttamente le persone disabili, dando loro opportunità di decisioone e autorealizzazione. Sul piano metodologico la scelta giusta potrebbe essere l’approccio relazionale , nel quale l’operatore facilita e sostiene la libera azione di una rete di persone accomunate dal desiderio di affrontare i propri problemi. In quest’ottica tutti i soggetti coinvolti si applicano per raggiungere una finalità congiunta, i cui strumenti sono ad esempio il Progetto di vita (realizzato in Toscana ) e i gruppi di auto mutuo aiuto, rafforzati da un atteggiamento volto a sostenere il ‘potere’ (empowerment) delle persone con disabilità soprattutto di tipo intellettivo.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)