L’Istat rileva che la cosiddetta “instabilità coniugale” interessa anche le coppie più grandi, tra il 2015 e il 2021 i divorzi tra over60, i “grey divorce”, sono aumentati di oltre il 40%, passando, in numeri assoluti, dai 6.131 del 2015 agli 8.715 del 2021. I numeri sono sottostimati: molte coppie mature si lasciano senza arrivare al divorzio, ma il fenomeno sta diventando strutturale, basti pensare che dal 1974 al 2015 il numero di separazioni tra gli over 60 è passato dal 3,2 al 14,6% e anche in questo caso le statistiche non fotografano esattamente la realtà.
Dietro i grey divorce ci sono due fattori: l’allungamento dell’aspettativa di vita e una diversa percezione culturale del matrimonio che ha raggiunto le fasce di età più avanzata. Per l’Italia familista è una rivoluzione culturale, un fenomeno trasversale ai ceti sociali e anche alle aree geografiche, infatti i divorzi grigi sono diffusi in prevalenza al Sud. Si tratta di coppie con impianto più tradizionale che si lasciano soltanto quando i figli escono di casa e nei primi decenni della legge sul divorzio, dal 1974 in poi, non erano ancora culturalmente pronte a mettere fine a un matrimonio, mentre oggi questa è una opzione realistica.
Una delle cause dei grey divorce nasce dalla sindrome del nido vuoto, oltre i sessant’anni non ci si sente più troppo vecchi per separarsi, per mettere fine all’infelicità coniugale, del resto l’entrata nella terza età è stata spostata ben oltre, anche dalle società scientifiche. C’è però un lato d’ombra: quando si rompe una coppia anziana, viene meno l’accudimento reciproco: lo sciogliersi dei legami in età avanzata, con un allentamento dei rapporti con i figli, rischia di creare vuoti di cura ai quali dovrebbe supplire lo stato.
(Sintesi redatta da: Mayer Evelina)