Secondo l’ultimo Rapporto Osmed, nel 2021 gli oppioidi hanno fatto registrare in Italia 7,7 dosi giornaliere (DDD, Defined Daily Dose) per 1.000 abitanti, rimanendo stabili rispetto all’anno precedente. Il confronto con altri Paesi europei come Germania e Austria, che si attestano su valori oltre le 20 DDD (e dove non si sono verificati fenomeni di abuso o dipendenza), fa comprendere quanto il nostro Paese sia poco virtuoso nell’impiego degli oppioidi, che restano ampiamente sottoutilizzati.
Di contro, i farmaci antinfiammatori non steroidei (Fans) nel 2021 hanno toccato quota 17,8 DDD, segnando un +5,6% rispetto al 2020. In Italia, gli oppioidi non solo sono usati poco, ma anche per brevi periodi: il 50% dei pazienti che li assume lo fa per meno di 2 settimane all’anno, contro i 45 giorni di trattamento con i Fans. Vi è, inoltre, una forte disparità tra le diverse Regioni, con i consumi del Nord maggiori del 15% rispetto alla media nazionale e quelli del Sud inferiori del 22%.
Per la Fondazione ISAL questo sottoutilizzo dei farmaci oppioidi svela come in Italia troppe persone affette da dolore severo, oncologico e non-oncologico, siano lasciate sole nella sofferenza per mesi e come la classe medica si avvalga in modo eccessivo di antinfiammatori il cui utilizzo protratto nel tempo, per il trattamento di una condizione cronica, risulti del tutto inappropriato e non privo di effetti collaterali.
Quel percorso, che la Fondazione chiama virtuoso, di avvicinamento a un buon uso dei medicinali oppioidi, avviato in Italia grazie alla Legge 30/2010, ha subìto un’importante battuta d’arresto a causa delle notizie di abuso giunte dagli Stati Uniti, senza, denuncia Sisal, un’opportuna analisi critica e contestualizzata del fenomeno.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)