Dormire troppo poco può aumentare il rischio di demenza? Le indagini su sonno e declino cognitivo proseguono da anni, anche se non è semplice capire se sia il riposo notturno insufficiente un sintomo dei cambiamenti cerebrali che sono alla base della demenza o, al contrario, sia il poco sonno a causare la demenza.
Un nuovo ampio studio su questo filone di ricerca pubblicato su Nature Communications suggerisce che le persone che non dormono abbastanza tra i 50 e i 60 anni hanno maggiori possibilità di sviluppare demenza quando sono più anziane. Tuttavia, non c'è un rapporto di causa-effetto. Non tutte le persone che hanno un sonno ridotto svilupperanno malattie legate alla demenza e in gioco c’è molto altro, compresa la qualità del sonno: questa ultima ricerca, però, come le altre precedenti, ha notato un aumento del rischio.
Perché dormire poco potrebbe essere correlato a malattie neurodegenerative? Più le persone sono sveglie più a lungo i neuroni restano attivi e più viene prodotta beta-amiloide, proteina che si accumula nelle placche dell’Alzheimer. Il sonno è importante per eliminare la proteina dal cervello o limitarne la produzione. E compensare con un lungo sonno nel week-end non aiuta.
«Ci sono studi in cui si dice che nei soggetti di mezza età basta una sola notte di deprivazione di sonno per creare un eccesso di beta-amiloide per questo l’igiene del sonno è cruciale e non può essere trascurata. Chi ha difficoltà deve rivolgersi a uno specialista senza indugio», dichiara Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano.
Persino la posizione durante il riposo notturno può avere un ruolo nel possibile sviluppo di malattie neuro-degenerative. «Con i colleghi americani - spiega il neurologo del San Raffaele - abbiamo svolto un piccolo studio su questo dettaglio. Abbiamo notato che chi ha malattie neurodegenerative tende a dormire di più in posizione supina, che non è quella ideale per far funzionare il sistema glinfatico, di pulizia del cervello. Il sistema glinfatico funziona infatti meglio quando una persona riposa sul fianco».
(Fonte: tratto dall'articolo)