Si stima che, entro il 2030, la fascia di lavoratori tra i 50 e i 64 anni, in Italia, crescerà fino a raggiungere il 38% della forza lavoro totale. A lanciare l’allarme è il report The twin threats of aging and automation, realizzato da Mercer e Oliver Wyman, che analizza gli effetti della convergenza di due fenomeni: una popolazione globale che invecchia da un lato, e l'automazione portata dall’industria 4.0 dall’altro. Nei primi cinque posti di questa classifica dei rischi che l'automazione comporta sui mercati del lavoro ci sono i grandi mercati manifatturieri dell'estremo oriente: Cina, Vietnam, Thailandia, Corea del Sud e Giappone. Subito dopo viene l'Italia, dove i lavoratori più anziani svolgono spesso lavori che richiedono competenze sproporzionatamente basse rispetto al mercato del lavoro attuale. L’Italia è il paese più esposto al "rischio-sostituzione", con il 58% in media di lavoratori anziani che svolgono lavori facilmente automatizzabili. Un rischio rafforzato sul piano sociale, dove assistiamo a un aumento sempre più consistente di over 50 nella forza lavoro. Per gli autori del report le nuove tecnologie stanno cambiando in maniera radicale la domanda di lavoro, mettendo in crisi in particolare la fascia più anziana. Questi processi richiedono politiche molto lungimiranti in termini di valorizzazione delle classi più anziane, formazione continua lungo tutta la carriera professionale, allargamento della platea dei lavoratori giovani, soluzioni di 'tutorship generazionale' finalizzate a valorizzare il contributo dei più anziani nell’accelerazione dell’inserimento professionale dei più giovani.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)