"Proiettati verso un domani in cui la gente vivrà più a lungo e, dunque, sarà più di ieri e di oggi “vecchia”, paradossalmente drogati dalla mitologia dell’autosufficienza e del benessere, si è come a disagio di fronte alla vecchiaia. Non può stupire il rifiuto dei segni della debolezza che la vecchiaia manifesta e diffonde, il peso che essa diventa per la società, per le stesse famiglie e le istituzioni. Si vive di più, dunque in più si è vecchi e il guiderdone della longevità, il messaggio che i vecchi percepiscono, insieme a infermità crescente, solitudine, povertà, è quello del rischio di percepire la propria crescente inutilità e insignificanza. L’arte dell’invecchiare, oltre che nelle raccolte di epigrammi e aforismi, è oggi confinata in testi spirituali che nessuno o ben pochi leggono, in qualche pensoso editoriale per eruditi, nei saggi di qualche bel nome che raggiungono però un pubblico estremamente ridotto, in certe crestomazie sul tema che, dopo avere appagato gli autori citati, sono spesso destinate a fare bella mostra di sé in qualche biblioteca di amatori. Tutti preferiscono rimandare, a un eterno domani, lettura e presa d’atto di una trasformazione che è scandita dal fluire dei secondi. Da stagione normale dell’esistenza, la vecchiaia è divenuta problema dalle molteplici sfaccettature, problema da spiegare, risolvere e giustificare. Come la morte del resto".
(Fonte: www.settimananews.it)