Stazione Centrale di Trieste. Sotto la statua della principessa Sissi, ogni pomeriggio si radunano decine di immigrati. Sono pakistani e afghani, ma anche algerini, curdi e iracheni.
Arriva una donna. Si chiama Lorena Fornasir. Va con maschera e guanti. Apre un armadietto dei medicinali con garza, fazzoletti, perossido di idrogeno e connettivina, una crema per riparare i tessuti della pelle. Si inginocchia accanto a una panchina. Uno dopo l'altro, gli immigrati si siedono, si tolgono le scarpe, offrono timidamente i piedi. Forse per la prima volta in mesi o anni, qualcuno si prende cura di loro.
Dice Lorena Fornasir: “I piedi sono la parte inferiore di una persona e, allo stesso tempo, ciò che lo sostiene. Piegandomi, posso volgere gli occhi verso l'altro. E in questo spazio tra me e lui, tra il basso e l'alto, succede qualcosa di difficile da dire. Un'empatia, un riconoscimento. Senza i piedi, questi ragazzi non possono continuare a camminare. E vogliono continuare a camminare. I piedi sono fondamentali”.
Lorena Fornasier, 66 anni, e suo marito Gian Andrea Franchi, 83, dal 2015 si occupano di migranti.
"Io e mio marito prima del 2015 non avevamo mai fatto volontariato nella nostra vita - racconta Lorena Fornasir - a Pordenone prima, e a Triste dove attualmente viviamo, abbiamo visto arrivare centinaia di migranti".
Così i coniugi fanno avanti e indietro tra la Bosnia, la Croazia e Trieste: “Raccogliamo donazioni, compriamo beni di prima necessità come cibo, scarpe e coperte, e partiamo. Raccogliamo anche storie e testimonianze”.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)