Il Parkinson era stato individuato come una malattia neurodegenerativa, ma gli ultimi studi rivelano che è un disturbo che coinvolge tutto l’organismo; partirebbe dall’intestino e per progredire sfrutterebbe il sistema immunitario. L’ultimo studio a sostegno, pubblicato su «JCI Insight» , evidenzia che alcune cellule endocrine presenti nell’intestino contengono l’alfa-sinucleina, la proteina-chiave della malattia di Parkinson. Sembra che tramite il nervo vago, che va dall’addome al tronco encefalico, potrebbe arrivare al cervello. Lo suggerisce uno studio svedese pubblicato su «Neurology» che ha dimostrato che i pazienti sottoposti a vagotomia (resezione del nervo vago) hanno il 40% di rischio in meno di avere il Parkinson. L’alfa-sinucleina alterata potrebbe però muoversi anche con altre vie di trasmissione grazie alla sua straordinaria capacità di propagazione nel sistema nervoso. Il filo che lega l’intestino al cervello nel Parkinson è uno dei filoni di ricerca più promettenti, spiega Leandro Provinciali, professore all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Società Italiana di Neurologia. Fu tra i primi, nel 2011 a focalizzare l’importanza del microbiota intestinale nei malati di Parkinson. Nel suo studio evidenziò che i pazienti con Parkinson avevano una flora intestinale diversa sani. Infatti oggi la stipsi persistente viene considerata un campanello di allarme della malattia, ma anche un tipo di cura, poiché si sta indagando su come dieta ricca di fibre e prebiotici possono aiutare contro il morbo. Anche il ruolo del sistema immunitario è importante e infatti in uno studio statunitense apparso su «Nature» viene proposto di studiare farmaci immunoterapici per fermare i linfociti T. Ci sono inoltre elementi inspiegabili della malattia come il fatto che il fumo di sigaretta è un fattore protettivo per il Parkinson.