Le riforme del sistema previdenziale degli ultimi vent’anni hanno raggiunto almeno tre obiettivi: contenere la crescita della spesa, ridurre gli incentivi impliciti a usufruire di prestazioni anticipate e rendere più equo il sistema. Anche se il passaggio al metodo contributivo e la riforma Fornero sono pesati sulla coorte dei lavoratori che stava andando in pensione con le vecchie regole, ciò ha permesso di liberare risorse per le altre componenti della spesa sociale. In considerazione dell’allungamento dell’età media è necessaria la partecipazione al lavoro fino ai 65 anni. Tuttavia il nostro sistema previdenziale è ancora soggetto a rischi e passibile di miglioramenti. Come rischi bisogna contare le prospettive di crescita del Pil (dovrebbe arrivare al 1,5%) e dell’occupazione. Anche perché dopo la riforma Dini gli importi delle pensioni future dipendono essenzialmente dalla crescita del Pil. Purtroppo la recessione ha decurtato il tasso di rivalutazione del montante contributivo dei lavoratori e c’è troppa crescita della spesa per prestazioni assistenziali. In caso di poca crescita il sistema potrebbe generare rendite previdenziali basse per i lavoratori più poveri e con una carriera discontinua. In Italia la metà dei contribuenti dichiara un reddito inferiore a 15mila euro quindi oltre metà dei futuri pensionati di questa categoria (parasubordinati con 35 anni dicontribuzione), potrebbero avere una pensione inferiore a 712 euro al 2050. Anche per i sistemi previdenziali privati dei professionisti ci sono i medesimi rischi e inoltre, a causa del calo del reddito dei professionisti per la crisi economica, i giovani professionisti hanno rediti mediamente inferiori a quelli dei loro predecessori e avranno pensioni più ridotte. Inoltre le Casse previdenziali che si basano sul sistema a capitalizzazione hanno subito una riduzione dei rendimenti dei titoli a reddito fisso. Anche il sistema previdenziale privato si deve quindi allineare ai principi introdotti nel sistema pubblico per mettere al sicuro il patrimonio delle Casse e ripartire i rischi previdenziali tra i lavoratori attivi e i pensionati. Se questi problemi verranno risolti, la coesistenza del sistema a capitalizzazione con il calcolo delle prestazioni su base contributiva (e in tutto o in parte indicizzata al Pil) può costituire un modello virtuoso, poiché caratterizzato da un’opportuna diversificazione dei rischi.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)