Il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” è un’ampia coalizione sociale nata al fine di valorizzare al meglio l’occasione offerta dalla riforma nazionale dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia, prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il Patto ha iniziato a produrre un “Piano Nazionale di Domiciliarità Integrata per gli anziani non autosufficienti”. Si tratta di un documento che vuole essere proposta per la legge di Bilancio 2022. Il Piano inizia la costruzione dei servizi domiciliari di cui l’Italia ha bisogno, utilizzando i nuovi fondi già previsti e aggiungendo gli altri necessari. Le azioni da compiere consistono nel cambiare il modello d’intervento dell’Adi (Assistenza domiciliare integrata, delle Asl), nello stanziare maggiori risorse per il Sad (Servizio di assistenza domiciliare, dei Comuni) e nel realizzare risposte integrate.
Il Patto ritiene necessario rafforzare l’intera filiera dei servizi: domiciliari, semi-residenziali e residenziali. Obiettivo del Piano è cambiare il modello d’intervento dell’Adi, il servizio domiciliare più diffuso. Lo ricevono il 6,2% degli anziani e la spesa annuale è di 1,3 miliardi. Nei prossimi anni, i fondi cresceranno notevolmente (+ 578 milioni nel 2022 a salire sino a + 1,6 miliardi nel 2026). Per utilizzarli al meglio, però, bisogna modificarlo.
Infatti, in Italia prevale un modello di Adi prestazionale: l’erogazione di singole prestazioni di natura medico-infermieristico-riabilitativa per far fronte a specifiche – e circoscritte – esigenze sanitarie, in assenza di una risposta che prenda in considerazione le molteplici dimensioni della 5 vita legate alla non autosufficienza e la loro complessità. Tale modello si riflette in livelli d’intensità e durata molto bassi. Il valore medio di ore erogate annualmente per utente è pari a 18 e il periodo della presa in carico, perlopiù, non supera i 2-3 mesi (ad es. quelli successivi ad una dimissione ospedaliera). La realtà degli anziani però, richiede interventi più ampi e articolati, e quindi, un sostegno più frequente assicurato per periodi ben più lunghi. Non a caso, la definizione di assistenza agli anziani non autosufficienti della Commissione Europea esclude l’Adi prestazionale da questo settore del welfare.
Il Piano Domiciliarità, dunque, prevede nel 2022 un atto nazionale che ridisegni l’Adi a partire dalle effettive condizioni degli anziani e – di conseguenza – incrementi l’intensità degli interventi, cioè il numero di visite domiciliari per utente e la loro durata nel tempo (differenziandole in base alle specifiche situazioni). Inoltre, vanno incrementati i fondi per il Sad. Il Sad copre solo l’1,3% degli anziani, la spesa annuale ammonta a 347 milioni e non è previsto alcun incremento significativo di risorse. Il servizio pare così destinato a rimanere residuale e l’auspicato sviluppo di risposte integrate a diventare irrealistico, a causa dell’ampliamento del divario quantitativo con l’Adi (nel 2026, ogni 100 Euro per l’Adi se ne spenderanno 12 per il Sad).
Si prevede che gli utenti crescano progressivamente: 2,6% degli anziani nel 2022, 2,9% nel 2023 e 3,3% nel 2024. A tale scopo il Piano prevede, nella Legge di Bilancio 2022, un nuovo finanziamento dedicato al Sad: +302 milioni di Euro nel 2022, +373 nel 2023 e +468 nel 2024. L’utenza, il prossimo anno, raddoppierebbe rispetto a oggi, per poi continuare a crescere progressivamente: 2,6% degli anziani nel 2022, 2,9% nel 2023 e 3,3% nel 2024. Il finanziamento sarebbe legato al riconoscimento del Sad come livello essenziale delle prestazioni, in modo da strutturarne la presenza nei territori in modo stabile. Si assicurerebbe così uno standard percentuale minimo di anziani raggiunti in tutto il Paese e si garantirebbero alle Regioni che già lo rispettano risorse per incrementare ulteriormente l’offerta.
Il Piano prevede anche di ripensare il modello d’intervento. Oggi prevale quello per anziani disagiati. La prospettiva, invece, è di aprire progressivamente il Sad agli anziani non autosufficienti in quanto tali e alle loro esigenze. Sia nel Sad che nell’Adi, dunque, si intende compiere un’operazione simile: avviare un processo di superamento del modello d’intervento oggi prevalente (rispettivamente del disagio e prestazionale) per meglio focalizzare i servizi sulla reale situazione di anziani e famiglie, nella direzione degli obiettivi presentati all’inizio. Tale percorso convergente crea le condizioni per realizzare risposte integrate.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)