Fra il 2009 e il 2015, l’Istat stima un numero di posti letto per anziani nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari, che si attesta intorno alle 300.000 unità. In 7 anni si sono persi 27.000 posti. Tale diminuzione, unita al contemporaneo aumento degli ultra 65enni, ha fatto scendere la disponibilità di posti letto da 2,6 ogni 100 anziani nel 2009 a 2,1 nel 2015. Questi dati, che testimoniano la “stagnazione”dell’offerta di assistenza residenziale, potrebbero non destare preoccupazione se, su altri fronti, ci fossero segnali di sviluppo. I dati ufficiali, tuttavia, ci dicono che cala l’utenza dei servizi di assistenza domiciliare comunale e che diminuisce il numero di anziani titolari dell’indennità di accompagnamento. Aumentano solo i beneficiari dell’Assistenza domiciliare integrata ,che vedono però calare significativamente le ore medie annue di assistenza (da 20 del 2007 a 17 del 2013). A ciò si aggiungono le difficoltà dei gestori delle strutture a mantenere la sostenibilità economica a causa dell’aggravamento delle condizioni degli anziani al momento del ricovero e della diminuzione dei contributi regionali al pagamento delle rette. Anche le famiglie fanno sempre più fatica; una recente analisi (SPI-CGIL – Associazione Ires Lucia Morosini, 2018) testimonia la rilevanza delle rette di degenza che, nelle strutture per non autosufficienti si aggirano intorno ai 100 euro (in quelle per autosufficienti sono di 60 euro). Due questioni risultano fondamentali per rispondere alle esigenze di cura delle famiglie con anziani non autosufficienti. Da un lato, lo sviluppo di servizi intermedi fra l’assistenza domestica delle famiglie (anche grazie al massiccio ricorso alle badanti) e l’assistenza residenziale, dall’altro, un adeguato finanziamento dei servizi (Gori, 2017).
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)