L’analisi contenuta nel report Firmo (Fondazione italiana sulla ricerca delle malattie dell’osso) e IOF (International Osteoporosis Foundation) “Ossa spezzate, vite spezzate” ha messo a confronto una serie di Paesi denominati EU6. In tutti i Paesi il rischio fratture è destinato ad aumentare a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Negli over 50 italiani la prevalenza dell’osteoporosi (23,1% per le donne, 7,0% per gli uomini) è paragonabile a quella di Francia, Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito. A partire dai 50 anni, il rischio nel corso della vita futura (“lifetime risk”) di subire una frattura osteoporotica maggiore (MOF) nelle donne italiane è superiore alla media dei paesi EU6, mentre negli uomini è leggermente inferiore. I motivi non sono noti e non sono riconducibili a differenze di densità ossea. Nel 2017, in Italia sono stati 717.316 i giorni di malattia richiesti dalle persone in età di prepensionamento colpite da fratture da fragilità; per questi eventi sono richiesti, in media, 21 giorni di malattia ogni 1.000 persone (incidenza vicina alla media dei Paesi EU6).Nei Paesi in cui l’assistenza intergenerazionale è più consolidata, l’impatto delle fratture da fragilità sugli assistenti è generalmente maggiore. I caregiver italiani sono quelli che sopportano l’onere più elevato rispetto ai Paesi EU6. In media si dedicano 882 ore ogni anno ogni 1.000 individui all’assistenza di pazienti con fratture del femore, quasi il doppio della media EU6 (443 ore/anno ogni 1.000 individui).
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)