Mancano pochi giorni a Natale e il web è strapieno di brevi video che hanno come protagonisti gli anziani, rappresentati in tutti i modi. Ci sono parodie di spot pubblicitari che, avendo come oggetto sempre la solitudine dei vecchi durante le feste, usano l’arma dell’ironia per valorizzare il loro ruolo indispensabile nelle famiglie.
In tutto il mondo industrializzato è così. Invece nel cosiddetto terzo o quarto mondo di questo tipo di comunicazione non se ne sente l’esigenza: perché in quei Paesi gli anziani fanno già parte della quotidianità. Che cosa ci è successo? Per gli studiosi due sono le spiegazioni: un ritorno alla necessità di dare e ricevere relazioni e lo scivolare sempre più in là della rappresentazione della senescenza. Secondo le nuove definizioni fino a 64 anni siamo “adulti”, da 65 a 74 “giovani vecchi”; da 75 a 84 “veri vecchi”, da 85 in poi “grandi vecchi”.
In realtà, poiché viviamo nella seconda nazione più anziana al mondo e nella “vecchia” Europa, siamo “tutti vecchi” e dovremmo avere il diritto di invecchiare bene e tutti i governi devono assumersi la responsabilità di riconoscere gli anziani come una risorsa.
(Fonte: tratto dall'articolo)