Nonostante capacità e risultati portati al lavoro gli over 50 vengono messi da parte. Vengono tagliati fuori dalle nuove sfide, sembra che non debbano avere ambizioni. E’ anche molto difficile ricollocarsi, nonostante siano stati confermati gli incentivi alle imprese anche per il 2019. Ma, poiché il Paese invecchia e i cinquantenni sono destinati a lavorare ancora per diversi anni, questo stato di cose deve cambiare. Ma urge un cambio di rotta, perché in un Paese che invecchia sempre di più i cinquantenni sono destinati a restare in azienda per molti anni visto che i giovani impiegati sono 4 milioni, mentre i 50-70enni nel 2018 hanno raggiunto gli 8 milioni 546mila. Questo fenomeno viene analizzato nella seconda edizione del dossier «Talenti senza età, donne e uomini over 50 e il lavoro», realizzato da Valore D con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica di Milano. Dai dati risulta che spesso il talento dopo i 50 anni rimane invisibile, seppellito da tanti stereotipi sull’invecchiamento. Il dossier ha esaminato 12.746 dipendenti fra i 50 e i 70 anni di 36 imprese italiane, che lavorano in media da 26 anni nella stessa azienda. Si nota subito la disparità di genere nell’occupazione dei ruoli apicali ed addentrandosi nella dimensione privata e nella percezione della situazione lavorativa si evidenzia il fenomeno della «generazione sandwich»: quasi l’80 per cento dei dipendenti è genitore e il 30 per cento si prende cura di almeno una persona anziana non autosufficiente che, nel 18 per cento dei casi, vive con lui. Risultano quindi «schiacciati» tra figli non indipendenti, nipoti che sopraggiungono e genitori che necessitano di assistenza. Questo comporta che più del 60% denuncia problemi di conciliazione famiglia-lavoro, soprattutto tra le donne che per il 40% vive discriminazioni di genere e di età. L’aiuto dall’azienda (congedi o orari flessibili) è arrivato solo per 14%, e, nonostante la maggior parte sia comunque efficiente al lavoro, si percepiscono accantonati dall’azienda e svalutati dai superiori. Per questo è fondamentale l’age management», per esempio promuovere la massima autonomia gestionale nel lavoro, creare scambio di know-how fra generazioni differenti, combattere gli stereotipi sull’invecchiamento, sostenere il dipendente nei momenti di transizione.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)