Progetti di condivisione abitativa di varia natura, tra anziani e studenti o giovani lavoratori sono diffusi in molti Paesi. Consistono nello scambio di ospitalità in cambio di piccole somme di denaro e di aiuti modesti da offrire alla persona che ospita, in genere anziana. Nell’ambito della ricerca promossa da IRS sul Welfare collaborativo è stato realizzato, nel gennaio 2017, un focus group con un insieme di “giovani anziani” impegnati in attività di sindacato, e di patronato in servizi di carattere territoriale ( sportelli sociali). Le esperienze, messe a confronto, hanno fatto emergere alcuni fattori che frenano la diffusione di questa formula in Italia:
1. la proprietà della casa è un freno al cambiamento della situazione residenziale dei singoli, anche se funzionale all’invecchiamento;
2. prevale la diffidenza nell’aprire la propria casa a persone non della stretta cerchia familiare;
3. l’instabilità familiare fa sì che molti anziani riaccolgano in casa figli adulti, dopo separazioni o divorzi, “saturando” la possibilità di fare progetti abitativi alternativi;
4. non c'è una cultura della condivisione, soprattutto dove si è proprietari, mentre c'è una forte resistenza a cambiare casa anche tra chi è in affitto in alloggi popolari;
5. solitudine e bisogno economico non sono ragioni sufficienti a spingere a cambiare casa o a condividerla tra anziani; la vicinanza ad altri si traduce al massimo in “che bello vivere vicino agli amici”;
6. c’è molto interesse per “prendi in casa uno studente”, il programma milanese di coabitazione e convivenza gestito dalla associazione “MeglioMilano” .
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)