In Cina, nel 2016, subito dopo l’abolizione della legge sul figlio unico, sono nati 17,9 milioni di bambini: solo 1,3 milioni in più rispetto all’anno prima, metà della quota prevista dal governo (numeri dell’Ufficio Nazionale di Statistica). Nel 2017, poi, le nascite, a fronte di una previsione di 20 milioni, sono addirittura scese a 17,2 milioni. L’invecchiamento della popolazione e la carenza di forza lavoro torna a preoccupare i governanti. Secondo stime ufficiali cinesi, entro il 2030, circa un quarto della popolazione avrà compiuto 60 anni (alla fine del 2010 erano appena il 13,3% della popolazione). C’è, inoltre, una differenza di genere importante: le donne sono 30 milioni in meno rispetto agli uomini. Il quotidiano statale Procuratorate Daily diffonde la notizia che i legislatori cinesi stiano pensando ad una revisione del codice civile per eliminare i limiti al numero di figli per coppia. L'agenzia Bloomberg, nel maggio scorso, ha svelato che, una ricerca commissionata dal governo centrale, impostata su questa linea di intervento, aveva suscitato l’attenzione del primo ministro Li Keqiang. La decisione sarebbe prevista negli ultimi tre mesi di quest'anno o nel 2019. Due studiosi cinesi (scrive SupChina) hanno suscitato un accesissimo dibattito sui social media con la proposta di introdurre una tassa per la creazione di “un fondo di maternità” a favore delle coppie con un solo figlio o senza prole. Il timore delle femministe cinesi è che si torni ad attuare politiche dirigiste in campo demografico. Non a caso, il direttore dell’Istituto di demografia e del lavoro dell’ Accademia delle Science Sociali, Zhang Juwei ha dichiarato a China Newsweek che “si è affermata la tendenza irrefrenabile di consentire alle persone di prendere decisioni in tema di fertilità” e che “sarà questa la direzione delle future politiche sulla popolazione”.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)