Per trattare la malattia di Alzheimer crescono e si consolidano sempre più gli approcci non farmacologici. Se sono inseriti in un percorso di cura permettono di coinvolgere attivamente il paziente e aiutarlo a mantenere la massima autonomia possibile. Alla base di tutto c’è l’idea di di mettere la persona con demenza al centro della relazione terapeutica o affettiva, per mantenerne intatta la dignità. Per far questo è necessario tener presente 5 indicazioni. La prima è di coinvolgere la persona anziana nelle situazioni e nelle decisioni che la riguardano, tentando di valorizzare le residue capacità e competenze. Bisogna anche accettare la persona con tutte le sue caratteristiche. Poi si deve cercare di capire quali sono le cause dei disturbi comportamentali, adattare gli spazi e le attività rispettando le sue esigenze. E’ fondamentale ascoltarlo e “ mettersi nei suoi panni” e valorizzare il suo background culturale e la sua storia di vita. Da queste premesse si sono sviluppati diversi approcci non farmacologici: capacitante, che ha come obiettivo di riconoscere, valorizzare e mantenere le competenze del malato, il Metodo Gentlecare, che lo aiuta con un’attenta progettazione di un ambiente idoneo puntando sull’arredo, la luce e i colori. Poi c’è il concetto francese di bientratance che promuove il benessere della persona lavorando sulla riduzione del rischio di maltrattamento all’interno delle strutture di ricovero e Validation, metodo di comunicazione che utilizza tecniche verbali e non verbali per aiutare l’anziano a superare le difficoltà relazionali.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)