I 12 milioni di nonni italiani sono tra quelli che in Europa, complice la scarsità dei servizi all’infanzia, passano più tempo con i loro nipoti. Dallo studio Share (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe del 2011) il 22% di loro se ne occupa regolarmente. Ma nelle separazioni conflittuali, quando la rottura delle coppia si allarga a tutta la famiglia, rimangono penalizzati anche i nonni. L’Italia è stata già condannata all’inizio del 2015 dalla Corte europea dei diritti umani per aver violato il diritto al rispetto della vita familiare di due nonni di Torino che per 12 anni non hanno potuto vedere la nipote. In quel caso il padre della bimba era stato falsamente accusato di abusi dalla ex, ma, anche dopo il proscioglimento, i rapporti con lui e con la sua famiglia erano stati interrotti. I giudici di Strasburgo hanno stabilito che le autorità competenti «non hanno fatto tutti gli sforzi necessari a salvaguardare il legame familiare». «Purtroppo i matrimoni che finiscono in separazioni sono tanti e in molti casi la relazione affettiva dei minori con la famiglia dell’ex coniuge viene troncata e il bambino viene utilizzato come arma impropria — dice la presidente della Commissione parlamentare per l’infanzia Michela Vittoria Brambilla —I nonni finiscono così per subire una situazione che non hanno contribuito a creare. Eppure il loro diritto di visita è stato riconosciuto per legge due anni fa». C’è infatti una norma per rendere reale il diritto a conservare rapporti significativi con i nipoti, già riconosciuto con la legge del 2006 sull’affidamento condiviso. «Questa però non dava ai nonni la possibilità di agire in giudizio — spiega l’avvocata Anna Galizia Danovi, che presiede il Centro per il diritto di famiglia, a Milano. Possibilità introdotta dalla legge 154 del 2013, entrata in vigore nel febbraio successivo. «In base ad essa i nonni possono ricorrere al Tribunale per i minorenni e chiedere di poter visitare i nipoti — dice Danovi —. Anche se ovviamente la legge sottolinea che il giudice deve adottare “i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore”, perché sono i minori a dover essere tutelati, non gli adulti». Sono pochi però i nonni che ricorrono a questa norma. Con l’intenzione di «metterli al centro della tutela degli interessi dei bambini» Brambilla ha firmato una nuova proposta di legge che modifica le norme del codice civile sull’allontanamento del minore: cioè l’affido d’urgenza. «La mia proposta, consolidando la prassi, definisce “prioritario” il collocamento del minore allontanato “presso parenti entro il quarto grado ritenuti idonei e disponibili e con i quali il minore abbia rapporti”. Si riconosce esplicitamente, insomma, che il “luogo sicuro” dove collocare il minore, di cui parla il vigente articolo 403, può essere benissimo la casa dei nonni — spiega Brambilla — Anzi, questa soluzione, se non contrasta con l’interesse del minore, deve avere la precedenza». Oggi invece su questo le Regioni non hanno una linea comune.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)