L’ultima analisi del Centro studi e ricerche Itinerari Previdenziali di Alberto Brambilla(sul 2021) dal titolo «La Regionalizzazione del Bilancio Previdenziale italiano», evidenzia le differenze di copertura del sistema pensionistico nelle singole regioni. Oggi il totale dei contributi versati all’Inps e alle altre casse previdenziali ammonta a 200,3 miliardi, le uscite per pagare le pensioni a 248,99miliardi, per un buco da 48,68 miliardi. Vuol dire che il tasso di copertura nazionale è pari all’80,45%.
Sembrerebbe buono, ma se guardiamo dentro le singole Regioni tutto cambia. Infatti il tasso di copertura è del 75% solo in 9 Regioni che sono: Trentino-Alto Adige (unica regione pienamente autosufficiente, 103%); Lombardia (99%), Veneto (93%), Lazio (90%), Emilia-Romagna (87%), Friuli-Venezia Giulia (78%), Valle d’Aosta e Toscana (76%) e Marche (75%). In Calabria è del 50%; in Molise del 57%; in Puglia del 60%; in Sicilia del 61%. E ancora: Basilicata 62%; Sardegna 63%; Liguria 65%; Umbria 66%; Campania e Abruzzo68%; Piemonte 73%.
Senza generalizzare, è evidente che dai numeri emergono delle storture: le marcate differenze a livello regionale tra la diffusione di pensioni integrate al minimo, assegni sociali e pensioni di invalidità previdenziale sono indicatori di un sistema dove, tra chi ne ha bisogno per sopravvivere, c’è chi paga e chi se ne approfitta. Per portare il sistema pensionistico in equilibrio è dunque necessario correggere anche le storture a livello regionale.
(Sintesi redatta da: Nardinocchi Guido)