Il telelavoro (detto anche smart working o lavoro agile) è balzato agli onori della cronaca italiana da quando si è diffusa l’emergenza Coronavirus.
Per disincentivare gli spostamenti di lavoro e ridurre la possibilità di contagio, il decreto emanato dal Governo il 1° marzo scorso, fra le misure da applicare su tutto il territorio nazionale (art.4 comma 1 lettera a), stabilisce la possibilità di applicare la modalità di “lavoro agile per la durata dello stato di emergenza, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali previsti”.
A parte lo stato di emergenza, che per ora è stabilito in sei mesi, occorre precisare che il telelavoro, dovrebbe essere considerato in via ordinaria uno strumento per rendere più soft l’impatto dell’allungamento dell’età pensionabile. Nel Vecchio Continente quasi tutti i sistemi esprimono una visione più aderente della nostra al cambiamento della struttura dei mercati del lavoro locali che va appunto verso una maggiore presenza di lavoratori anziani.
Al contrario, i dati italiani, fino alle ultime settimane, dimostrano che i lavoratori cui si applica di più lo smart working sono quelli della fascia adulta (40-59 anni), cioè coloro che lo utilizzano a scopo di welfare familiare, quindi per esigenze di crescita dei figli. Anzi, nella Penisola, i dati sull’uso del telelavoro fra i lavoratori senior sono addirittura in calo. Il punto fondamentale è che, nel resto d’Europa, si lavora da casa il triplo o il quadruplo che da noi.
La percentuale di lavoratori italiani cui si applica questo strumento è, al 2018, del 4,8% a fronte dell’11,6 % della Germania e dell’oltre 20, 7 % di Francia e del 21,7% dell’Austria. Siamo, per dire, allo stesso livello della Lettonia, al di sotto anche della Grecia. Solo in Romania, Bulgaria e Nord Macedonia la percentuale di adozione dello smart working è stata in questi anni al di sotto di quella italiana.
Più grave la situazione dei lavoratori senior (tra 55 e 65 anni) in telelavoro che in Austria, sempre nel 2018, erano quasi 3 su 10 (28,6%) ma anche in Francia e Belgio arrivavano ad essere 1 su 5 (20%). E’ vero che la particolare struttura del mercato del lavoro italiano favorisce questo scarso utilizzo; ricorrono al telelavoro soprattutto i lavoratori autonomi che, negli ultimi tempi, hanno ridotto l'uso di questo strumento.
A ciò si aggiunga che l'Italia è il Paese europeo con più autonomi che gestiscono soprattutto piccole e micro-aziende, dove, ci dicono le statistiche, si ricorre al telelavoro in misura pari a un terzo rispetto a quanto succede nelle grandi imprese.
Mancano inoltre le infrastrutture digitali che favoriscono il lavoro da remoto ed è ancora insufficiente la cultura digitale soprattutto nelle piccole imprese manifatturiere (molto consistenti nel nostro sistema produttivo) e nei lavoratori senior.