Nel 2006 Shinya Yamanaka, studioso di cellule staminali in Giappone, ha sviluppato un metodo per riprogrammare le cellule adulte facendole regredire a uno stadio simil- embrionale. La scoperta, che ha rivoluzionato la biologia cellulare e la ricerca di cure per le patologie umane, gli è valsa il premio Nobel. Adesso gli scienziati intendono usare la tecnica chiamata riprogrammazione cellulare o epigenetica, per invertire l’invecchiamento ed eliminare le malattie ad esso correlati.
All’inizio del 2022 un gruppo di imprenditori di alto profilo, tra cui Jeff Bezos, ha scosso la comunità della ricerca sull’invecchiamento con il lancio di Altos Labs un’azienda tre 3 miliardi di dollari che si occuperà di riprogrammazione. Yamanaka è già stato cooptato in veste di consulente. Per cancellare l’identità delle cellule mature, facendole tornare allo stato originario, Yamanaka aveva usato 4 proteine tra quelle note come fattori di trascrizione che avviano e regolano l’espressione dei geni. Il passo successivo, quello cioè di applicare il principio all’invecchiamento è stato compiuto da Juan Carlos Izpisua Belmonte, un biologo specializzato nella rigenerazione degli organi.
Lo studioso ha pensato di usare i fattori di Yamanaka per riportare indietro l’orologio solo in parte e fare in modo che le cellule riacquistino la resilienza giovanile mantenendo la loro identità e funzioni. Ora che è direttore scientifico di Altos, Belmonte non parla della possibilità di trasformare l’invecchiamento: l’azienda ribadisce che il suo obiettivo non è invertire l’invecchiamento bensì invertire le patologie. Nel frattempo il genetista David Sinclair che a 53 anni prende la metformina e aggiunge resveratrolo all’alimentazione vegetariana, ha continuato gli studi in questo ambito concentrando l’attenzione sul nervo ottico perché è una delle prime parti del corpo a essere colpita dall’invecchiamento, dal momento che l’uomo perde la capacità di rigenerare le cellule di questo nervo già poco dopo la nascita.
Sinclair ritiene che i suoi studi rappresentino un modello per la cura dei danni del midollo spinale e dei disturbi del sistema nervoso centrale. Se infatti facendo regredire l’età cellulare si può recuperare la vista, perché non anche la capacità di camminare e ricordare? Studiando l’invecchiamento cerebrale, invece, Miranda Orr della Wake Forest University School of Medicine, ha scoperto la presenza di cellule senescenti, o zombie, in regioni cruciali per la memoria, come l’ippocampo. Queste cellule non muoiono naturalmente e secernono sostanze tossiche. Il suo team sta verificando la possibilità di ucciderle per ripristinare la memoria contrastando l’insorgere dell’Alzheimer.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)