“I soliti veceti”, esordio letterario in dialetto triestino di Raimondo Cappai e Paolo Stanese, nel titolo strizza l’occhio al celebre film cult “I soliti sospetti”.
Ingredienti del libro sono un colpo memorabile alla Banca d’Italia pensato da cinque anziani tipicamente triestini legati da mille aneddoti e maldobrie (dal croato malo dobro=poco bene, mica bene, oppure dal latino malus opus = cattiva azione, marachella, birbonata).
Tra un “otavo”, una polpetta e un classico “panin de coto col cren” gli autori ci porteranno in giro per molti locali tipici di Trieste. In ognuno di questi, i protagonisti del libro narrano molti divertenti aneddoti della loro gioventù.
All’Approdo scopriremo così la storia della “banca dei zingani”, da Roby Scussa quella del brevetto di alcune talpe sotterranee molto particolari, da Gildo la leggenda di un meccanico infallibile, e così via. L'altro protagonista del libro è un giovane disoccupato che passa le sue giornate in giro per i buffet della città. Sarà proprio lui a svelare il collegamento tra le maldobrie ed il colpo in Banca, in un finale ricco di colpi di scena.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)