Per riparare il tessuto cerebrale dopo ischemia (ictus) è fondamentale la generazione di nuovi oligodendrociti maturi a partire dai loro progenitori: sono le uniche cellule in grado di ricostituire la guaina mielinica danneggiata dei neuroni presenti nella zona di cervello con ridotta perfusione ematica. Infatti, se non c’è un intervento terapeutico tempestivo di riperfusione (nell’arco di 4-5 ore), i neuroni di questa zona vanno incontro a sofferenza con conseguente degenerazione della mielina. A causa delle difficoltà di diagnosi precoce, è ormai riconosciuto che la terapia ideale per l’ictus dovrebbe prevedere approcci neuro-rigenerativi immediati, volti a implementare i meccanismi spontanei di riparazione successivi al danno.
In questo contesto, lo studio finanziato da Fondazione Cariplo (bando giovani ricercatori) e coordinato da Marta Fumagalli, professore associato di farmacologia presso il Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università Statale di Milano, ha avuto l’obiettivo di comprendere l’impatto della neuroinfiammazione, principalmente mediata dalla microglia, sulla risposta dei progenitori oligodendrogliali in un modello murino di ischemia cerebrale.
“È noto, infatti, che le cellule microgliali, da vere sentinelle immunitarie del tessuto cerebrale, avvertono il pericolo e si attivano per rispondere, partecipando da protagoniste alla reazione infiammatoria, definita buona, finalizzata a ripristinare le funzioni cerebrali nell’area del danno – spiega la coordinatrice dello studio – La risposta della microglia è finemente regolata: queste cellule, infatti, non rivestono di per sé un ruolo tossico e infiammatorio, ma diventano pericolose soltanto quando sregolate a causa dell’eccessiva infiammazione o della cronicizzazione della condizione patologica”. L’aspetto importante è che questi effetti si traducono in un aumento della rimielinizzazione e del recupero funzionale dopo ischemia cerebrale. “Questi risultati pongono le basi per lo sviluppo di analoghi sintetici di vescicole extracellulari da utilizzare come agenti terapeutici per terapie rigenerative” conclude Marta Fumagalli.
(Fonte: tratto dall'articolo)