L’ictus ischemico, 200 mila nuovi casi l’anno nel nostro Paese, è un evento dagli esiti molto spesso gravi: sono un milione gli italiani che vivono con gli esiti invalidanti della malattia. È un’emergenza neurologica che va trattata il prima possibile, poiché il tempo trascorso dall’ictus all’intervento terapeutico ha un ruolo decisivo sulla prognosi in termini di mortalità e di disabilità cognitiva e motoria. Accanto alle problematiche acute, l’emergere di conseguenze di medio e lungo periodo, come ad esempio l’aumentato rischio di demenza, ha portato gli scienziati a indagare meglio i meccanismi cerebrali di risposta a un insulto acuto come un ictus. «C’è ancora moltissimo da capire e le ragioni risiedono in parte nelle metodiche di studio utilizzate finora, che sono in continua evoluzione, e in parte nella necessità di individuare quali fattori possano essere responsabili dell’eterogeneità della risposta rigenerativa osservata, come ad esempio l’età del soggetto e il tipo di danno cerebrale» dice Elisa R Zanier, responsabile del laboratorio Danno Cerebrale Acuto e Strategie Terapeutiche del Mario Negri di Milano dove lavora proprio allo sviluppo di nuove terapie per riparare il tessuto cerebrale danneggiato.
(Fonte: tratto dall'articolo)