Sono tanti i modi di invecchiare, come ci sono tanti modi di vivere la terza età. I dati Censis ci dicono che in Italia ci sono 13 milioni di anziani, con stili di vita e bisogni molto diversi: 7 milioni aiutano economicamente i giovani, 6 milioni frequentano cinema, teatri, musei, 3,5 milioni si dedicano all’attività fisica, oltre 3 milioni viaggiano, 400.000 si preparano ad avviare un’attività autonoma. L’invecchiamento attivo è un modello utile, sia all’anziano che alla società, ma non può essere assoluto, né universale. Nella società odierna si assiste ad una negazione della vecchiaia, come fosse qualcosa da rimuovere. Anche la figura dell’anziano visto come saggio e patriarca non esiste più. Eppure iniziamo ad invecchiare appena nati, e quando guardiamo i vecchi vediamo ciò che diventeremo. Isolare gli anziani significa quindi alienare una parte di noi, sia come individui che come gruppo sociale. Dare un senso alla vecchiaia è invece un atto di responsabilità civica. I soli antidoti ad uno scenario di oblio sono la Memoria, il Ricordo e la Testimonianza. In quest’ambito di recupero del tempo perduto l’associazione Valle Perdua ha rilevato un’area verde in cui ha realizzato un vivaio di archeologia arborea con attività didattiche ambientali. Luogo di incontro tra tradizione e innovazione è una micro comunità che ha dato valore al sapere degli anziani, facilitando gli scambi intergenerazionali. La condivisione di memoria e lo scambio di saperi divengono un bene di tutti, con esiti innovativi e con molti risvolti pratici quotidiani. L’incontro intergenerazionale, il ritorno ad una relazione di tipo comunitario con gli altri, può restituire valore all’anzianità. Ricostruire una cultura della vecchiaia vuol dire anche recuperare il passato, per capire e modificare il presente, generando progettualità e utopie nuove.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)