Il governo, nella prossima legge di Bilancio, punta a varare misure ad hoc per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale e contributiva nel settore del lavoro domestico.

Un fenomeno che in Italia riguarda circa 1.200.000 persone, per le statistiche costituito da due terzi di lavoratori irregolari, che fanno i collaboratori domestici o le assistenti familiari e non hanno tutele contributive e previdenziali. In Italia, con l’invecchiamento della popolazione e la forte diffusione dell’assistenza informale fra le famiglie, assume dimensioni allarmanti rispetto al resto d’Europa.  Si sa che il lavoro domestico sfugge facilmente ai controlli del fisco e si stima sottragga alle casse dello Stato, fra tasse e contributi, oltre 3 miliardi di euro. Proprio la cifra che il Governo vorrebbe recuperare con la prossima manovra.

Tra le ipotesi allo studio c’è la possibilità di rendere anche i datori di lavoro sostituti d’imposta. Oggi le famiglie datrici di lavoro di colf e badanti non sono tenute a trattenere dallo stipendio le ritenute fiscali e previdenziali, ma potrebbero essere obbligate a farlo dal 2020. Tutto ciò si legherebbe alle ipotesi, contenute nella stessa manovra di riduzione del cuneo fiscale e anche all’obiettivo, anche questo delineato nel Documento di Economia e Finanza,  di rendere tracciabili i trasferimenti di denaro.

Esistono però dei contro messi in risalto dall’Assidancolf (Sindacato dei datori di lavoro domestico). Chi assume badanti, spesso evade per necessità in quanto non dispone delle risorse economiche per coprire gli elevati costi contributivi e fiscali della regolarizzazione. Sempre Assidantcolf sottolinea che, spesso, sono gli stessi lavoratori  che si trovano in disoccupazione o pensione a chiedere di lavorare in nero. Per questo Assindatcolf ha chiesto al governo ad adottare misure di sostegno per le famiglie che consentano l’emersione dal sommerso consentendo loro di dedurre interamente il costo del lavoro domestico e rendendo così il lavoro regolare più vantaggioso di quello in nero.