Il cambiamento è il filo conduttore del World Economic Forum di Davos, dove i governi discutono anche delle conseguenze che l’aumento esponenziale dell’aspettativa di vita avrà su economia, politica, e anche sul nostro quotidiano. Afferma Elizabeth Blackburn, biologa australiana Nobel per la medicina nel 2009. «Sappiamo che l’invecchiamento non è irreversibile e la medicina si sta già occupando di questo. E infatti quando osserviamo i centenari, che sono sempre più numerosi, vediamo che non muoiono mai di problemi vascolari, ma di malattie più banali, che vengono sottovalutate a causa della loro età». Un allungamento della vita ci obbligherà a lavorare più a lungo, secondo gli studi di Lynda Gratton, docente di management alla London Business School, con una vita media di 100 anni, si dovrebbe lavorare fino a 79-82 anni. In questo caso se si lavora fino a 80 anni, bisogna continuare a imparare e servirà una formazione continua, e il nodo cruciale sarà la capacità di cambiare e saperci adattare. La longevità mette a rischio anche le relazioni affettive: secondo un sondaggio online del World economic forum tra gli oltre 2.500 partecipanti, i risultati saranno che si divorzierà e ci si risposerà più frequentemente (per il 58%), e anche i figli si faranno più avanti negli anni (per il 54%). In pensione si andrà almeno a cent’anni (per il 62%). E le nuove tecnologie potranno aiutarci ad allungare l’età riproduttiva e «selezionare il bambino potenzialmente più resistente e sano da un punto di vista genetico, e quindi più longevo, anche quando saremo in età avanzata», provoca Derek Yach, Chief health officer di Vitality, multinazionale che offre programmi di wellness e tutela della salute. Ipotesi che solleva questioni di etica e morale, problema che ci sarà anche quando dovremmo affrontare la possibilità di manipolare un gene del nostro Dna per poter vivere di più. Una sfida a cui né le aziende né i governi sono preparati. Thomas De Rosa, ceo Di WellTowers, società immobiliare americana che lavora con proprietà dedicate alla terza età, dice che dobbiamo creare «un mondo nuovo per una società più vecchia». Città come Singapore e Tokio hanno già cominciato e cercano di capire come adattare la mobilità all’invecchiamento della popolazione. Inoltre l’unico modo per rendere questo invecchiamento economicamente sostenibile è che si lavori più a lungo e in due. Blackburn suggerisce di ripensare l’equilibrio tra famiglia e carriera nell’arco della vita, ipotizzando periodi in cui dedicarsi più intensamente alla famiglia e altri in cui impegnarsi di più al lavoro. Anche il welfare andrà rivisto, ipotizzando polizze assicurative per invecchiare felicemente.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)