André Breton ammirava Leonora Carrington come una delle donne ‘numinose’ del surrealismo, lasciando anche intravedere un certo timore per l’eccentricità indomabile di lei. È questa che nutre tutta un’opera, letteraria e pittorica, dove l’intensità delle immagini è sempre congiunta a un sottile estro comico. In questo senso si può dire che Il cornetto acustico, apparso nel 1974, contenga, in cifra romanzesca, tutto il mondo fantastico della Carrington.
Marion Letharby, novantanovenne, munita di un imponente cornetto acustico tempestato di argento e madreperla, viene introdotta dal bisnipote nella Confraternita del Pozzo di Luce, gruppo iniziatico devoto al controllo di Sé. Il bisnipote ha scelto quel luogo come un non troppo costoso ospizio per vecchi. Marion, che pur detesta vedere la sua solitudine «rubata da una quantità di gente spietatamente benintenzionata», deve però riconoscere che sarebbe «un peccato suicidarsi dopo aver vissuto novantanove anni senza aver mai capito niente». E allora comincia a guardarsi intorno e nel vasto parco della Confraternita trova padiglioni a forma di casine di gnomi, di fungo velenoso, di orologio a cucù, di vagone ferroviario, di stivale e di mummia. Su tutto il luogo aleggia, come una presenza magica, un’immagine: il ritratto di una Badessa che strizza l’occhio con insolenza. Siamo dunque entrati in un sinistro Paese delle Meraviglie, abitato non già da elfi e gnomi, ma da alcune vegliarde piuttosto facinorose. In questo regno la Carrington ci fa da guida con passo lieve e occhio irridente, producendo un’inarrestabile fantasmagoria come un prestigiatore che continua a estrarre carte dalla manica. Ben presto quel gruppo di vecchiette si disporrà nel cerchio di un sabba, a cui Marion partecipa con entusiasmo («non avevo mai sperimentato prima di allora la gioia della danza ritmica, nemmeno ai giorni del foxtrot fra le braccia di un buon partito»). Quanto alla Badessa ammiccante, scopriremo che è connessa con la secolare ricerca del Graal. Così anche non mancherà una oscillazione dell’asse terrestre, che provoca una nuova Era Glaciale. Si tratta, in breve, di un cosmico scossone che la Grande Madre dà al mondo per riappropriarsi dei suoi diritti. La storia di una povera vecchia rinchiusa in un ospizio da parenti crudeli finisce così per trasformarsi nell’ultimo capitolo di una storia grandiosa, quella che narra «come la Dea riconquistò la sua Sacra Coppa, con un esercito composto di api, lupi, sei vecchie, un postino, un cinese, un’arca a propulsione atomica e una lupa mannara». Con la riconquista del Graal da parte della Dea una nuova alba di speranza illumina il mondo e le sue più giovani creature: «sei piccoli licantropi che assunsero un aspetto migliore quando gli fu cresciuto il pelo». (Fonte: www.adelphi.it)