Luciano Arcuri esamina gli stereotipi che riguardano coloro che, superati i sessant’anni, fanno il loro ingresso nella terza età. Gli stereotipi concernenti l’anziano sono fermi all’epoca in cui la popolazione degli over cinquanta era meno numerosa e non in buona salute. Per l’attuale generazione di ottantenni bisogna non sottovalutare da un lato il loro potenziale di persone esperte, dall’altro è necessario pensare politiche sociali che prevedano una stimolazione culturale e sociale anche in tarda età, sia per il benessere personale sia per prevenire futuri costi sociali di malattie degenerative. Tanti sono i fattori fisici e sociali che determinano nella percezione comune l’ingresso nella specifica categoria di “anziano”: i segnali fisici sembrano comunque avere una funzione cruciale fornendo una soddisfacente affidabilità nel giudicare l’età delle persone. Rispetto ai giovani, gli anziani sono percepiti meno felici, meno decisionisti, meno attivi, meno autonomi. Così la persona anziana rischia di comportarsi in maniera incompetente - negativa - anche per il modo con cui si sente considerata. Per tener testa a questo pregiudizio/stereotipo occorre agire su diversi fronti, come veicolare nel processo di apprendimento dei bambini l’idea dell’anziano come una persona con cui condividere esperienze e capace di suggerire idee. E’ necessario poi integrare i percorsi formativi delle figure professionali che si prendono cura dell’anziano per mettere in campo la giusta sensibilità per affrontare in maniera adeguata i particolari bisogni del paziente anziano.
(Fonte: tratto dall'articolo)