Il rapporto Aging World: 2015, condotto dai ricercatori del Census Bureau statunitense, conferma che l'invecchiamento della popolazione è un processo in atto dappertutto ma è particolarmente visibile nelle società più sviluppate; in questi contesti l’aumento della speranza di vita si combina, infatti, con una bassa fecondità.
L' Italia, insieme alla Germania, guida i 22 paesi più vecchi in assoluto in Europa ed è terza a livello mondiale (dove il Giappone è al primo posto). Se tutti i paesi devono fronteggiare le fragilità di un numero crescente di ultraottantenni gli autori del rapporto stimano che i grandi vecchi triplicheranno nel corso dei prossimi trentacinque anni (nel 2050 si passerà da 126,5 milioni a 446,6 milioni di over 80, l’Italia scenderà al 15esimo posto,mentre il Giappone resterà primo; gli over 65 saranno 1,6 miliardi pari al 17%contro l’ 8,5% del 2015). I paesi a più bassa fecondità attraverseranno questo processo di transizione in una situazione di grande squilibrio demografico.
Se si vive di più e si gode di salute migliore ciò vuol dire che un sessantenne di oggi può essere equiparato in larga misura ad un quarantenne di cento anni fa. Diverse ricerche dimostrano che in Italia, dove il welfare state è molto carente, gli anziani costituiscono spesso l’unica rete di protezione disponibile per le generazioni più giovani. Le nonne ed i nonni sono una risorsa indispensabile per i genitori che lavorano. Anche in paesi in via di sviluppo è stato osservato come garantire una pensione agli anziani ha un effetto benefico sulle generazioni più giovani, perché gli anziani redistribuiscono molto nelle reti familiari. Dato che è impensabile alzare indefinitamente l’età alla pensione e il rischio di malattie degenerative aumenta con l’età, i sistemi pensionistici e quelli sanitari, nei prossimi anni, saranno sotto pressione in modo molto maggiore di quanto non avvenga ora.
(Sintesi redatta da: Antonella Carrino)