Nella Ue il miglioramento del mercato del lavoro interessa tutte le classi d’età: il tasso di occupazione passa dal 55,0 al 55,7% fra i 15 e i 34 anni e dal 79,6 all’80,2% fra i 35 e i 49 anni. L’incremento più forte si registra però tra i 50 e i 64 anni, classe in cui arriva a 61,8% (da 60,6% del 2014). Quest’ultima è anche l’unica fascia di età in cui si superano i livelli del 2008. In questo caso il trend positivo è iniziato a partire dalla fine degli anni Novanta, ed è stato particolarmente accentuato durante la crisi. Per gli ultracinquantenni l’aumento degli occupati è legato alle riforme del sistema pensionistico, all’ incremento della popolazione delle generazioni del baby boom e all’innalzamento del livello di istruzione. Quest’ultimo aspetto vede, nella classe 60-64 anni una discesa della quota di popolazione (dal 75,2% del 2005 al 57,0% del 2015) con al massimo la licenza media, un aumento della popolazione con diploma (dal 18,6 al 30,7%) mentre quasi raddoppia il peso dei laureati (dal 6,2 al 12,3%). Il vantaggio occupazionale conquistato dalle generazioni più anziane con l’investimento in istruzione non coinvolge quelle più giovani, particolarmente penalizzate dalla crisi: il tasso di occupazione di un laureato di 30-34 anni dal 79,5% nel 2005 cade al 73,7% dieci anni dopo. Come in Europa, l’incremento di occupazione in Italia si riflette su tutti i tipi di lavoro, compreso quello standard (permanente a tempo pieno) che si era ridotto in misura consistente durante la crisi. Nel 2015 gli occupati standard aumentano di 65 mila unità (+0,4%), quasi esclusivamente tra gli uomini e le persone con 50 anni e più. Tuttavia, rispetto al 2008, l’incidenza del lavoro standard sul totale degli occupati scende da 77,0 a 73,4% (1,3 milioni di occupati in meno).
(Sintesi redatta da: Antonella Carrino)