La legge sul biotestamento riguarderà soprattutto persone anziane, magari affette da malattie croniche, che non sempre sono in grado di esprimere una volontà libera e consapevole. C’è quindi il problema della loro tutela, che il testo normativo non sembra in grado di perseguire. Tra i punti più controversi, quello derivante dall’articolo 3, comma 6, secondo cui le Disposizioni anticipate di trattamento possono «essere redatte» anche con semplice «scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio di stato civile del comune di residenza». Una disposizione quindi meno rigida rispetto a quella che regola il testamento 'patrimoniale', dove, tranne rarissimi casi, c’è bisogno della figura di garanzia, il notaio. Quindi è più tutelato il patrimonio rispetto alla persona, soprattutto considerando tutti gli oneri che le persone anziane spesso comportano (medicine, badanti, rette di degenza). Mancano argini posti dalla norma a protezione di eventuali abusi sulle Dat, lasciando la possibilità,, a familiari con pochi scrupoli, di poter intervenire sulla vita degli anziani. Anche l’articolo 2, comma 3, secondo il quale, nel caso di persona inabilitata, «il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere». Dando così il potere di vita e di morte su una persona molto fragile all’amministratore di sostegno, che o è una figura professionale che ogni anno ha l’onere di redigere una dettagliata (e costosa, qualora ci si sia rivolti a un avvocato o altro professionista) relazione annuale sull’espletamento del suo incarico o è un familiare, quindi anche erede. In molti casi è ambedue: tutte queste circostanze avrebbero dovuto spingere il legislatore ad avere una maggiore attenzione nella formulazione della legge.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)