Sono meno del 20% gli anziani non sufficienti a carico dei servizi sociali e socio-sanitari e sempre meno sono le risorse per il sociale. Bisogna pensare ad un nuovo modo di intervenire sulle situazioni di disagio sociale. Un "welfare di comunità" che attui nuove alleanze tra istituzioni, famiglie, privato sociale e mercato e che possa valorizzare le capacità dei singoli e delle formazioni sociali. Non vedere più i servizi come soggetti atti a fornire risorse ma attivatori di risorse, relazioni e connessioni. Ad esempio riconvertire il servizio di assistenza domiciliare con un servizio che proponga badanti formate collegate ad una serie di prestazioni diverse, ottenendo così un'offerta migliore a minor prezzo. Un "welfare collaborativo, partecipato" che faccia leva sulle riforme delle famiglie e delle comunità facendole dialogare con il pubblico. Una collaborazione che può essere passiva o attiva, dove chi usufruisce del servizio può proporre e aggregare per creare nuove offerte. Rispetto ai servizi sociali tradizionali cambia il mandato non erogare ma connettere. La base di tutto ciò è la fiducia, ed è necessaria l'intermediazione che garantisca i bisogni e gli interessi di tutte le parti coinvolte, controllando, sulla base delle esperienze fin qui svolte, ciò che funziona e ciò che va migliorato.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)