Il terzo tempo è il romanzo della vecchiaia che vince. Vince perché non la si può arrestare né rimandare, ma anche perché porta in sé slanci e desideri insopprimibili, se solo si è disposti ad ascoltarli, ad assecondarli - Costanza non è vecchia ma presto lo sarà. Dopo un’appagante carriera universitaria tiene per diletto una rubrica sulla vecchiaia: “Insegno malinconia positiva, se proprio devo dare un titolo”. Perché “soffrire da vecchi è la regola. È la regola essere malati, dipendere dagli altri, dai sani, dai giovani, non poter fare a meno di chiedere, non poter dare in cambio altro che una gratitudine disperata, senza valore. Soltanto i vecchi speciali ce la fanno. E i vecchi speciali sono quelli che stanno bene”. Lei, che sta bene, ha deciso di separarsi dal compagno di una vita, Dom, il padre di suo figlio Matteo, per non rischiare di specchiare in lui la propria decadenza, e viceversa. Ha le idee chiare sul presente e sul futuro, o almeno così sembra.
(Fonte: www.unilibro.it)