La popolazione residente nel nostro Paese diminuisce ed è sempre più vecchia. Abbiamo oggi, per l’Istat, 13,5 milioni di over 65; 4,1 milioni di over 80 ( 6,8% del totale della popolazione) e 727.000 ultranovantenni (1,2% del totale). La piramide della popolazione si avvia ad assumere una forma a rombo. C’è un welfare pubblico sempre meno capace di rispondere alle esigenze di individui e famiglie che devono assistere anziani non autosufficienti e minori conciliando questi compiti con gli impegni lavorativi. Un ruolo nuovo viene assegnato alle imprese dal 2011 con l'introduzione, a livello nazionale e regionale, di una normativa di stimolo allo sviluppo del welfare aziendale. obiettivo: favorire la diffusione di accordi, fra imprese e lavoratori, per il work-life balance (bilanciamento fra impegni di vita e lavoro). Dal 2016 ( legge di stabilità art.51), la normativa fiscale è stata modificata inserendo, fra i servizi contemplabili negli accordi di welfare aziendale, anche quelli per l’infanzia (servizi di istruzione, ludoteche, centri estivi e invernali, baby-sitting) e quelli di assistenza a familiari anziani (prima del tutto assenti nel Tuir). La modifica del Tuir ( Testo unificato imposte sui redditi), ha portato alla sottoscrizione di un accordo fra Confindustria e sindacati (Cgil, Cisl e Uil) per favorire la diffusione di accordi fra imprese e lavoratori. Le pratiche di Welfare aziendale possono offrire modelli di personalizzazione del benessere del lavoratore. La possibilità di convertire tutto o parte del premio di risultato in beni di Welfare aziendale può favorire la messa a punto di «risposte su misura» alle esigenze dei lavoratori. Si tratta della cosiddetta «welfarizzazione» della produttività.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)