Un rapporto dell'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) del 2019 aggiungeva l'Italia alla lista dei paesi che entro il 2050 avrebbero avuto più pensionati che popolazione attiva.
Ebbene, secondo Paolo Zabeo, Coordinatore dell' Ufficio Studi di CGIA (la Confederazione Generale Italiana dell'artigianato), possiamo ormai dire che: "A fronte dell'esplosione del Covid-19 a maggio, c'è stato il sorpasso. Ovvero noi oggi abbiamo un numero delle pensioni erogate che è superiore al numero dei lavoratori attivi. Quindi parliamo dei lavoratori dipendenti nel settore privato, pubblico, più gli autonomi, una situazione abbastanza grave per il progressivo invecchiamento della popolazione italiana".
Con le culle vuote e un’età media della popolazione molto elevata, nei prossimi decenni l'Italia avrà meno dinamismo e meno risorse con una forte diminuzione della qualità dei consumi interni, argomenta ancora Zabeo.
Siamo quindi ad uno stadio peggiore di quello pronosticato dall'Istituto di statistica europeo con una prospettiva del rapporto di dipendenza della vecchiaia, definito come il rapporto tra il numero di persone anziane (dai 65 anni in su) rispetto al numero di persone in età lavorativa (15-64 anni), che per il 2100 parla di un indice del 57%, vale a dire quasi il doppio di quello del 2019 (31%).
Ciò significa che “ci saranno meno di due persone in età lavorativa per ogni persona di età pari o superiore a 65 anni”.
Tuttavia Eurostat ha sottolineato la natura non certa delle stime. Data, infatti, l’incertezza intrinseca delle future dinamiche della popolazione, tali risultati dovrebbero essere interpretati come solo uno di una gamma di possibili sviluppi demografici.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)